giovedì 4 ottobre 2007

Sulla credibilità degli storici

Ho da poco ricevuto dal prof. Badiale il testo (non recente) che pubblico di seguito all'interno di un mio post. Il prof. Badiale ha le chiavi di casa e può intervenire quando vuole all'interno di questo Blog Collettivo senza la mia mediazione editoriale. Al testo è associata una corrispondenza email, da cui mi riservo di estrarre in forma appropriata le mie riflessioni sull’argomento, facendole seguire al testo di Badiale. Se però riuscirò ad attirare miei colleghi di Facoltà, insigni storici ovvero i miei colleghi Filosofi del diritto o anche Cittadini cui stanno a cuore le libertà costituzionalmente garantite, ad intervenire sul tema proposto dal prof. Badiale, mi asterrò da ogni mio ulteriore intervento. Sono troppo interessato all’opinione degli illustri colleghi per disturbare il dibattito con mie proprie opinioni che posso meglio collocare nei miei numerosi blog personali. Mi limiterò a curare l'editing all'interno di questo stesso post dei contributi che dovessero giungere. Con opportuni links interni farò tutto il possibile per rendere agevole la lettura dei singoli interventi che avranno tutti eguale evidenza grafica. Avverto che i miei post editi altrove non entrano minimamente in relazione con la discussione che qui trae avvio dal testo del prof. Marino Badiale, da me conosciuto per essere stati entrambi accomunati in un discusso e discutibile articolo di Marco Ventura, apparso su “La Stampa” dei primi giorni del mese di luglio. A quell’articolo sono seguite lettere e mie e di Badiale e di altri alla Direzione del quotidiano torinese. Da questa occasione è però anche nata una corrispondenza privata con il prof. Badiale, che prosegue tuttora e che si rivela feconda di riflessioni.

Antonio Caracciolo

1.
NEGAZIONISMO E RAZIONALITA’ DEL SENSO COMUNE

(Marino Badiale-Università di Torino)

Un argomento poco usato nelle recenti discussioni sulla proposta di rendere penalmente perseguibile la negazione del genocidio ebraico è quello che riguarda la razionalità dei nostri giudizi storici. La stragrande maggioranza degli abitanti dei paesi occidentali (e non solo) è convinta che il genocidio ebraico da parte nei nazisti sia un fatto accertato dagli storici con lo stesso grado di affidabilità e sicurezza di qualsiasi altro fatto storico importante. Detto in parole più semplici, chiunque di noi non sia uno storico crede che il genocidio ebraico sia un fatto storico per gli stessi motivi per i quali crede che siano fatti storici la Prima Guerra Mondiale, la Rivoluzione Francese o le invasioni barbariche: perché trova questi fatti descritti nei libri di storia, e sa che su di essi c’è unanimità nella comunità degli storici.

Ora, possiamo porci la semplice domanda se questa fiducia sia razionale, cioè fondata su argomenti seri. Facciamo bene a fidarci della comunità degli storici? Non intendo iniziare qui una discussione epistemologica sui fondamenti del sapere. E’ però possibile, facendo riferimento al buon senso comune, enunciare almeno una condizione sufficiente: perché la fiducia in una comunità professionale di esperti sia razionale, è necessario essere ragionevolmente certi che tale comunità sia libera nelle sue ricerche, nelle sue discussioni, nella pubblicizzazione dei suoi risultati. La libertà di un dibattito è condizione necessaria per la sua razionalità. Possiamo avere ragionevolmente fiducia nelle conclusioni degli storici soltanto perché e finché sappiamo che essi sono liberi di sostenere le tesi che giudicano corrette, qualsiasi esse siano. Nel momento in cui tale libertà viene meno, nel momento in cui l’esito pubblico del dibattito è imposto per legge, non possiamo più avere fiducia nella razionalità dei suoi esiti.

Cerchiamo di essere più chiari: chi scrive non può dire di conoscere la letteratura negazionista. Ho sfogliato superficialmente qualche testo, e ho avuto discussioni verbali con sostenitori delle tesi negazioniste. Da queste conoscenze assolutamente superficiali ho ricavato l’impressione che i negazionisti siano preparati, e che i loro testi, le documentazioni che portano e le argomentazioni che producono abbiano almeno l’apparenza di cose serie. Del resto è logico che sia così: sostenendo una tesi assolutamente impopolare, devono cercare di renderla il più seria e documentata possibile. Ora, la persona comune che non sia uno storico di professione, e che sia però convinto della falsità delle tesi dei negazionisti, è in grado, con argomenti razionali e circostanziati, di confutare i loro argomenti e di distruggere l’attendibilità dei documenti su cui si basano? Penso che non ci siano dubbi sul fatto che la risposta è no, almeno per la stragrande maggioranza delle persone.

E’ del tutto naturale che sia così: noi tutti abbiamo troppe cose da fare per metterci a studiare testi e documenti e farci coinvolgere in una discussione lunga e minuziosa. La stragrande maggioranza delle persone, se si trovasse a discutere con un negazionista, direbbe semplicemente “credo al fatto storico del genocidio ebraico perché così dicono gli storici. I vostri documenti e i vostri argomenti andate a sottoporli alla comunità degli storici. Vi prenderò in considerazione solo se riuscirete a convincerne una parte significativa”. E’ razionale questa risposta, che è la risposta del senso comune? In linea di principio, certamente sì, a meno che il negazionista non risponda “non posso portare i miei documenti e i miei argomenti all’attenzione degli storici perché la legge me lo proibisce. Del resto, se anche ci riuscissi, gli storici non mi darebbero mai ragione perché è proibito per legge”. Se il negazionista risponde in questo modo, i nostri argomenti crollano e la nostra fiducia, la fiducia del senso comune, nelle elaborazioni della comunità degli storici appare del tutto irrazionale.

In conclusione: abbiamo bisogno di poterci fidare di ciò che gli storici ci dicono, e condizione necessaria per questa fiducia è la libertà di ricerca e di opinione. Una legge che proibisce le opinioni è in contraddizione con i principi della razionalità di cui l’Occidente è giustamente fiero.

Marino Badiale

2.
UNA CORRISPONDENZA IMPORTANTE

Ricevo la dichiarazione che segue di Luigi Frati, preside della Facoltà di Medicina e prorettore della Sapienza di Roma. I suoi impegni sono tali che devo accontentarmi della sua importante ed autorevole dichiarazione che riporto nei termini confidenziali del rapporto epistolare. Frati era stato da me insieme ad altri invitato ad intervenire sul testo di Badiale, che almeno non resta orfano di commenti.
AC

*
11/10/07

Sono del tutto a favore della libertà di pensiero e di ricerca.

Luigi Frati

Il giorno 04/ott/07, alle ore 13:59, Antonio Caracciolo ha scritto:

> Antonio Caracciolo ti ha inviato un link a un blog:
>
> Il prorettore ha qualcosa da dire sul progetto Mastella e sui
> problemi rimasti aperti in ordine alla libertà di pensiero e di
> ricerca?
> Blog: Civium Libertas
> Post: Sulla credibilità degli storici
> Link: http://civiumlibertas.blogspot.com/2007/10/sulla-credibilit-
> degli-storici.html

Grazie, del breve ma prezioso intervento che copio ed incollo. Potevi però essere un poco meno corto?
Un simpatico abbraccio.
Troverai del tempo per me se ti vengo a fare una visita?

Antonio Caracciolo


1 commento:

Andrea Carancini ha detto...

a proposito della credibilità degli storici italiani, evocata da marino badiale, penso che tale credibilità sia già compromessa, e questo anche se non intervenisse l'approvazione della legge mastella sul "negazionismo". certo, l'approvazione di detta legge aggraverebbe, e di molto, il deficit di credibilità degli storici ma tale decificit esiste già.
esiste perlomeno dagli anni '30 del secolo scorso.
mi spiego: in quegli anni la rivista "la vita italiana", diretta da giovanni preziosi, pubblicò a più riprese i famigerati "protocolli dei savi di sion".
l'edizione del 1938 vide anche il contributo di julius evola, che rivendicò la "veridicità" dei protocolli.
ebbene, nessuno storico italiano ebbe il coraggio di dire quello che molti già pensavano, e cioè che quel documento era un falso.
non un solo professore universitario osò prendere posizione!
dopo il 1945 quegli stessi storici (e/o i loro allievi e successori) hanno fatto propria la vulgata antifascista della seconda guerra mondiale (olocausto compreso).
per quanto riguarda l'olocausto tale vulgata si regge, come proprio fondamento, sui cosiddetti "protocolli di auschwitz", sui rapporti cioè che vennero scritti da alcuni ebrei fuggiaschi dal campo di auschwitz nel 1944, e che vertevano sulla descrizione dei forni crematori e sulle presunte camere a gas di tale campo.
non c'è oggi un solo professore universitario - almeno tra gli storici - che osi mettere in dubbio tali "protocolli", che sono stati decisivi per giungere all'attuale vulgata.
eppure pare proprio che essi siano falsi, non meno dei più celebri "protocolli dei savi di sion".
sull'argomento gli studiosi revisionisti hanno prodotto testi importanti, a cominciare dal saggio di enrique aynat (edizione definitiva del 1998).
questo andrebbe ricordato alla corporazione degli storici universitari, soprattutto a quelli (come giovanni de lunna) che disprezzano platealmente i revisionisti: ricordatevi del silenzio dei vostri predecessori!

Andrea Carancini